Chi c’era e cosa si dice? Storia e storie del territorio di Poviglio

A partire dal mese di marzo 2016 “il Museo” della Terramara S.Rosa e “la Casa Protetta” di Poviglio si sono incontrati per raccontare, ognuno per la sua parte, qualche pezzo della storia di questo territorio.

Compito del Museo era raccontare la parte più antica, che inizia 3500 anni fa (intorno al 1550 a. C.) con il villaggio di S.Rosa, per arrivare alla fine dell’Impero Romano quando la pianura ha ormai acquisito e assume definitivamente l’aspetto in cui oggi la conosciamo; agli ospiti della casa protetta invece il compito di raccontare pezzi di storia più recente, spesso legata al mondo contadino, alle tradizioni, ai mestieri a quanto si dice o si faceva nei vari poderi.

Il primo incontro si è tenuto venerdì 4 marzo 2016 al Museo della Terramara S.Rosa con Bruno, Nello, Luisa, Rosanna, Antonina, Corina e Carlo e con i loro accompagnatori (Luca, Ornella e Daniela). Angela e Agnese hanno spiegato cos’è una terramara, come lavorano gli archeologi e illustrato i reperti più importanti esposti nelle vetrine del museo…..Poi ci si è dati appuntamento alla settimana successiva alla casa protetta per illustrare anche a chi non aveva potuto essere presente al museo gli importanti risultati degli scavi che tutte le estati si tengono a Fodico e in seguito proseguire con la storia del popolamento nel povigliese.
Venerdì 11 marzo hanno dunque potuto partecipare molte più persone; oltre a Bruno, Nello, Luisa, Rosanna, Antonina, Corina che già avevano visitato al museo erano presenti Sergia, Norma, Elice, Maria, Carla, Leda, Maria Elena, Luigia, Bruna.
Con le diapositive Angela ha spiegato che nelle campagne di Poviglio, Brescello, Castelnuovo, durante l’età del Bronzo (II millennio a.C.) anziché i paesi di oggi c’erano altri villaggi (S.Rosa vicino a Fodico, Motta Balestri vicino a Brescello, Monticelli di Castelnuovo…) che gli archeologi chiamano “terramare” e di cui sono rimasti, sepolti nei campi, frammenti di vasi, di ossa animali, qualche oggetto in bronzo.
Qualche secolo dopo la fine delle terramare (forse abbandonate perché i terreni non producevano più a sufficienza), gli Etruschi arrivati dall’Italia centrale hanno organizzato nella pianura fattorie o gruppi di fattorie per sfruttare la fertilità della terra; una fattoria etrusca c’era anche a S.Rosa e in alcuni frammenti dei vasi ritrovati dagli archeologi era inciso un nome, probabilmente quello del padrone di casa.

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Con la conquista romana nascono le città: Reggio Emilia (allora Regium Lepidi), lungo la via Emilia (allora Aemilia) e Brescello (allora Brixellum) sulle rive del Po, ma le campagne restano importantissime per i tanti prodotti che fattorie grandi e piccole garantivano e che arrivavano nelle città lungo le strade principali.

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E così si è scoperto da dove viene il nome della via che attraversa Poviglio, la via Romana: essa è stata infatti realizzata dai romani per collegare le due città Regium Lepidi e Brixellum. E sempre opera dei romani (dunque “vecchia” di più di 2000 anni) è la suddivisione regolare dei nostri campi (in appezzamenti quadrati o rettangolari) delimitati da canali, strade, carraie, filari di piante, realizzati per consentire il deflusso delle acque e un regolare sistema di divisione e assegnazione dei poderi.

Tutte queste informazioni sulla storia del territorio di Poviglio sono state raccolte da un gruppo di archeologi percorrendo molti campi arati, segnando sulle carte dove si trovavano materiali e poi raccogliendo e studiando i frammenti di vasi o di altri oggetti.

Così nel terzo incontro (18 marzo) anche gli ospiti della casa protetta sono diventati un po’ archeologi-ricercatori, aggiungendo informazioni su alcune zone di Poviglio: Bruno per esempio abitava nella proprietà Monica (loc.Cantone-case Gialdi) e ha visto più volte gente con cercametalli passare sui campi arati alla ricerca di reperti, prassi illegale ma purtroppo difficile da arginare.
Da case Gialdi si dice poi che arrivasse il tunnel voltato (che correva probabilmente tra la chiesa di S.Giuseppe e palazzo Farina) che Corina ricorda essere stato scoperto alla profondità di quasi 2 metri nei pressi della chiesa di Fodico in occasione della realizzazione di una vigna. Case Gialdi sembra nota a molti degli altri partecipanti, in particolare a Luisa e Nello che abitavano o hanno abitato nei pressi.
Altri ritrovamenti sono ricordati però anche da altre località, per esempio nella zona di via Fontanese/via Tolara dove Sergia sa essere stata recuperata una punta di freccia; addirittura nei pressi di Case Melli di Castelnovo, Elice racconta che durante le sistemazioni dei fossi emergevano gran quantità di frammenti di vasi (a volte delle specie di cucchiai di ceramica nera) e resti di ossa, così che spesso veniva da chiedersi “chissà chi ci è morto qui…”. Moltissimi frammenti uscivano sicuramente anche in alcuni campi di
Fodico, dove nella prima metà del 1900 prima della semina si andava a pulire alcuni campi dai “rottami” o dai “giaroni” portandoli via con le ceste.
E decenni fa le terre di Fodico venivano date come “aggiunta” agli acquisti di appezzamento di terreni, forse più per portarci le bestie, come per tanto tempo ha fatto Corina, che per coltivarle…dunque non dovevano più essere fertili come ai tempi dei terramaricoli…

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Il “lavoro dell’archeologo” è proseguito anche nell’incontro successivo (29 aprile); questa volta non raccontando dei ritrovamenti nei campi, ma osservando e toccando tanti reperti autentici recuperati a S.Rosa e tra cui erano compresi frammenti di vasi, ossa animali, qualche pietra lavorata, qualche conchiglia…I vari oggetti erano distinguibili innanzitutto a vista, ma anche al tatto perché un pezzetto di ceramica o un pezzetto di pietra seppure apparentemente simili risultano in mano più o meno caldi/freddi…. oppure i frammenti di vasi da mensa sono più lisci al tatto rispetto a quelli usati per cucinare.
E, per finire, oltre a sperimentare il lavoro dell’archeologo si è sperimentata anche la “vita del terramaricolo”, provando una delle attività più consuete tra le capanne dell’età del Bronzo, la lavorazione dell’argilla.
Con le istruzioni di Luana, quasi tutti hanno potuto realizzare un vasetto o un pendaglio decorato scoprendo che alcuni gesti, che mai avremmo pensato di fare, risultano poi molto spontanei come se ce li portassimo da tanto tempo dentro di noi.

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Museo della Terramara S.Rosa: Angela Mutti, Luana Cenci, Agnese Di Donato.
Casa Residenza e centro Diurno “Le Radici”: Luca Corradini, Daniela Dallaglio, personale e volontari dell’Istituto.